Di tanto in tanto qualcuno mi chiede: ma cosa fa, nella pratica, un matematico? Anche nella variante: ma tu cosa fai ogni giorno in ufficio?
Ecco le mie risposte. Risposta breve: Vado in ufficio, accendo il computer, leggo cose scritte da altri matematici. Mi fisso per un certo tempo su poche righe. A un certo punto prendo carta e penna e cerco di scrivere cose nuove. Cerco di non distrarmi tanto leggendo cose su internet. Caso vuole che il mio compagno di vita, che si è inconsapevolmente prestato come adorabile Topino da Laboratorio al mio studio, sia pure lui un matematico. Interrogato sulla questione, la sua risposta non si discosta molto da queste righe: "Vado in ufficio e leggo. E leggo molto. È come studiare...ma senza l'esame. Poi alla fine provi a generalizzare qualcosa, o a trovare legami con altre cose che hai studiato, ma è una parte minima del lavoro." Risposta idealista: Da bambini a volte si gioca a creare dei mondi immaginari, stabilendo che ci sono certi abitanti e certe regole, e poi si cerca di immaginare come possa funzionare un tale mondo. Ecco, la matematica pura è un po' così, il matematico è un adulto giocherellone. Ognuno, nella sua particolare area d'interesse si concentra su delle particolari strutture di cui si stabiliscono gli oggetti e alcune regole, e cerca di capire quali sono le relazioni tra gli oggetti, le loro proprietà, le proprietà del mondo intero, le somiglianze di quel mondo con altri mondi che vengono studiati,...E lo si fa tramite deduzioni logiche dalle regole prefissate. In conversazione, se il mio interlocutore mi incoraggia, mi lancio in una panoramica della mia ricerca*; in questo riconosco di essere avvantaggiata da un tema di ricerca che si presta bene a semplificazioni visuali. Ecco, alcuni interlocutori apprezzano poco questa risposta, specie nella versione estesa con i miei interessi di ricerca. Domandano, e poi decidono a priori di non ascoltare. Mentre apri la bocca vedi già che hanno spento l'audio e si preparano a rispondere "Per me è arabo! Io non ho mai capito niente di matematica!" (con orgoglio), o "Uuuh, che complicato, devi essere un genio!". Reazioni comprensibile, neanch'io ho sempre voglia di stare ad ascoltare qualcuno che mi parla di qualcosa verso cui non nutro nessuna curiosità, evidentemente la domanda era partita per cortesia e non interesse. Tuttavia il secondo tipo di reazione non manca mai di intristirmi; attinge a piene mani dalla dannosa retorica che i matematici sono creature dall'intelligenza superiore. Un mito del "genio matematico" (peraltro malattia ancora endemica della nostra comunità) che danneggia tutti, allontanando persone che potrebbero avere il gusto per l'astrazione e la matematica, ma non una grande autostima, da una disciplina che potrebbe giovare dalla loro partecipazione (tra cui tante fanciulle!). Per un divertente esempio dell'atteggiamento da "genio matematico", consiglio questo video. Risposta terra-terra: La risposta idealista sta molto per aria, non dà un'idea pratica di cosa faccia un matematico nella sua vita quotidiana. Ed entrambe le risposte non rendono interamente la realtà. Certamente omettono amministrazione e insegnamento. La parte amministrativa è concettualmente densa tanto quanto quando Montalbano passa "un'orata a firmare carte". Rapporti semestrali, carte per rimborsi, carte per far carte. Metterò nella parte amministrativa anche la stesura di "grant proposal": fiumi di parole con cui chiediamo soldi per portare avanti qualche progetto, finanziare spostamenti, pagare un dottorando o un postdoc, e simili. E la parte di insegnamento: preparare lezioni, tenerle, essere a disposizione degli studenti per domande, preparare gli esami, sorvegliare, correggere... Al netto di amministrazione e insegnamento, si cerca di mettere in pratica quanto descritto nella prima risposta. Ma il cervello umano non è così disciplinato e sempre ugualmente performante. No, neanche quello di un matematico. E allora esistono tante strategie quante matematici. La mia è di cercare di limitare il tempo in cui perdo tempo su internet (con l'eccezione di giornate in cui so che non caverò un ragno dal buco, come ad esempio ora, a tre giorni da un trasloco internazionale, senza avere ancora la conferma dell'appartamento), uso timer per intervallare 25 minuti di lavoro a 5 minuti di svago. Cerco di non strafare mai restando fino a tardissimo (con l'eccezione di quando devo finire un lavoro perché c'è una deadline per un proceedings, o perché ho promesso a un collaboratore che avrei finito una parte di un lavoro comune per tale data), perché se mi forzo tanto, so che il giorno dopo il mio cervello sarà in vacanza. La mia strategia è la disciplina moderata, più costanza, che mono-ossessione. Al contrario conosco persone che si immergono totalmente quando hanno un lavoro per le mani: non fanno caso all'ora, si dimenticano di mangiare, si dimenticano di tutto. Alcuni sono capaci di approfittare di ogni 5 minuti liberi, su un treno, su un tavolino trespoloso di un bar, per tirare fuori un pezzo di carta e scriverci sopra. Altri che hanno bisogno del contorno giusto, prendersi tempo per entrare in tema. Chi solo in ufficio, chi meglio da casa dove nessun collega disturba. A marcare il respiro comune di gruppi di ricerca dove ognuno è libero di adoperare la strategia di lavoro che più gli si addice, ci sono i seminari e gruppi di lavoro, eventi generalmente settimanali dove ricercatori invitati da fuori o membri del gruppo di ricerca espongono il loro lavoro. In effetti, la libertà di gestirsi da sé appare come la spiegazione, e allo stesso tempo come la complicazione nel rispondere al "cosa fa un matematico nel suo quotidiano?". * Quando mi lancio a descrivere la mia ricerca in particolare, la storia va così: "Ad esempio, io mi interesso di trecce in uno spazio di dimensione 4. Hai presente una treccia, no? Come quelle dei capelli. Ogni componente della treccia, in matematica, si può rappresentare come una curva in uno spazio tridimensionale, insomma, in uno spazio come quello che percepiamo attorno a noi [se ho un po' di laccetti/nastrini/fili/cavi sotto mano, li estraggo]. Le trecce hanno delle proprietà simpatiche, ad esempio la più facile da vedere è: puoi comporle mettendole una dopo l'altra, e ottieni sempre una treccia. Ma ce ne sono molte altre. Queste proprietà ti permettono di trattare le trecce come una struttura algebrica molto ricca e utile per le sue applicazioni ad altri problemi matematici o fisici in cui ci sono degli oggetti che includono qualcosa che si annoda/intreccia. Ora, in particolare, invece di considerare delle curve che si intrecciano, io considero tubi che si intrecciano. E siccome voglio che possano entrare ed uscire uno dall'altro durante l'intreccio, ho bisogno di "più spazio": uno spazio con 4 dimensioni fa al caso mio. Ecco, studio proprietà di questi oggetti. E non fare quella faccia quando dico "4 dimensioni"! Immagina una collezioni di cerchi luminosi, in uno spazio tridimensionale, al buio. Muovili. La loro scia è un tubo! Quindi, considerando le 3 dimensioni dell'ambiente di partenza, più la dimensione data dal tempo in cui si è formata la scia, hai visto qualcosa in 4 dimensioni. In 5 minuti può sembrare confuso, ma puoi ben vedere che se uno ha parecchie ore per stare a pensarci, non è nulla di complicato. "
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8/19/2018 3 Comments La ricerca del nidoLo Spagnolo Del Mio Cuor ed io siamo reduci da un mini-viaggio a Leeds per cercarmi una casa. Non era la mia prima visita in città, ma la permanenza dell'inverno scorso si può riassumere in un turbinio di neve e gelo. In quattro giorni non avevo neanche capito dove fosse il centro. Missione: trovare casa a Leeds. Magari in un sobborgo tranquillo, con mini giardino o almeno terrazzo. Strategia: prendere alcuni appuntamenti prima di partire. Andare per agenzie appena arrivati e fissare altri appuntamenti nei buchi di quelli già prefissati. Ed ecco a voi una carrellata delle visite. Appartamento numero 1 (mercoledì pomeriggio): Il "si può solo che migliorare" La distanza dall'università non sembrava eccessiva, sulla mappa. Man mano che l'autobus si avvicina, i negozi si diradano. Scompaiano. Scendiamo ben inoltrati in un quartiere residenziale, puramente residenziale. Neanche l'ombra di un alimentari nel raggio di chilometri. Un agente che dimostra circa 16 anni ci fa salire all'appartamento, ancora abitato. A posteriori, tutto sommato un appartamento pulito. Distese di moquette vecchia, macchiata di umido ai bordi della stanza. "La moquette verrà cambiata?" "No, è piuttosto nuova". Certo, e io sono fresca di maturità. Macchie di muffa ai bordi della vasca, e agli angoli del soffitto. Puzza di muffa. Vetri singoli. Ombre nere su muri bianchi. "Ma verrà ridipinta?" "No, è pronta così! Cosa ne pensate?". Sconforto. Appartamento numero 2 (giovedì mattina): Là dove volano le aquile Pubblicizzata come proprietà nell'ambito sobborgo di Chapel Allerton, la casa si rivela essere a 15 minuti buoni a piedi di solo casette e campi sportivi. Un agente arriva e ci spiega che l'appartamento che volevamo visitare è stato affittato, ma non ha ritenuto fosse il caso di annullare l'appuntamento. In fin dei conti ce n'è uno simile che stanno cercando di vendere. NEL CASO fosse rimasto invenduto dopo una settimana, PROBABILMENTE l'avrebbero messo in affitto. Approfitta del nostro silenzio perplesso per portarci dentro, e scopre che non ha le chiavi. Visitiamo l'appartamento sbirciando dalle finestre come dei ladri. Piccola nota di colore: aggirando la casa per stalkerare dalle finestre dal giardino sul retro, ci troviamo a tu per tu con una poiana legata al suo trespolo. Io squittisco all'agente: "But!...There is a hawk!". L'agente continua a parlare come se niente fosse, senza girarsi verso l'uccello. Ho l'impressione di essere la sola a vederlo. Ho le allucinazione. Provo con lo Spagnolo: "Amore!! Ma qui c'è un falco!" Lo Spagnolo mi rassicura che sta lo sta vedendo. Non ho le allucinazioni. Appartamento 3 (giovedì mattina): Stucco e pittura fa bella figura.
Sembrava un appartamento da catalogo, in un sobborgo benestante, commerci sotto casa, ottimi trasporti. Ma dietro alla bellissima facciata d'epoca, sopra a un ristorantino di pesce, si nascondeva l'entrata, sul retro di tale ristorantino. Là dove ci sono gli sfiati delle cucine, e i fusti di birra. Sposta el scovazzon e welcome home. L'interno sembrava uscito da una rivista d'arredamento, sezione hygge con tocchi di lusso. Coperte drappeggiate ad arte, una poltroncina di gusto raffinato, una scatola Louis Vuitton appoggiata sul tavolino del soggiorno...incorniciate da finestre in stile reumatismo. Lo Spagnolo nota un significativo scaldino elettrico vicino al divano. L'agente, un tipo elegante di mezza età, dice che tra le features c'è l'acqua calda immediata, e si lancia in una dimostrazione: accende il rubinetto della cucina e...aspettiamo. Lo Spagnolo va alla ricerca della caldaia mentre l'agente sta ancora lì con il ditino sotto l'acqua, e si ritrova a tu per tu con un reperto archeologico. L'agente ci assicura che quella caldaia ha 20 anni, ma sono quasi sicura che la stesse ringiovanendo. Mentre fuggiamo, ci dice con tono piccato e contegno signorile che in quel sobborgo ci vivevano i padroni delle fabbriche, mentre la casa che stavamo andando a vedere in seguito, si trovava dove vivevano gli operai, capirete che non può essere un granché. Smascherata la nostra anima plebea, ce ne andiamo. Casa 4 (giovedì pomeriggio): Casa di muffa Dalle foto: una graziosa casetta a schiera, con l'orto dietro, in una strada tranquilla. Un po' lontana dai commerci, un po' complicata senza macchina, ma confesso che prima di partire era quella su cui riponevo più speranze. Mi vedevo, per la prima volta in vita mia in una casetta, con un giardino da curare, gli uccellini e gli scoiattoli fuori dalla finestra. Pensavo l'ostacolo più grande sarebbe stato il timore di non aver tempo per gestire una proprietà intera da sola, curare il giardino, e anche la paura che quando sarei stata via l'avrei lasciata tutta buia e evidentemente disabitata. Ebbene, gli inquilini attuali, quelli erano da temere: le foto erano precedenti a costoro! Entrati veniamo travolti da un'aria umida e tiepida tipo atrio di piscina. Solo che invece di puzzare di cloro, puzzava di...piedi, muffa, negozio di animali. In cucina, un allevamento di porcellini d'india. Sul fornello, resti carbonizzati di quattro anni di cibo trasbordato dalle padelle. Una farfalla al pesto era ancora riconoscibile sul mucchietto di resti neri. Al piani di sopra, macchie di muffa su ogni soffitto. L'orto: una giungla di rovi. Il proprietario dice che, una volta usciti questi inquilini, si sarebbe preso un giorno per sistemare, e poi sarei potuta entrare. Chiamate un qualche reality show a documentare l'impresa. Appartamento 5 (giovedì pomeriggio): Il quartiere cool Ci prende in carico un agente che chiameremo lo Sbarbino. Sbarbino ci spiega che oltre all'affitto, quando uno si stabilisce in una casa, bisogna pagare l'elettricità, il gas, l'acqua, l'assicurazione, insomma, preparatevi perché questo è un mondo difficile. Mettendosi una giacca con l'impaccio proprio dei suoi 12 anni, ci spiega che l'appartamento che dovevamo visitare è stato preso. Però ci porta a visitare un altro, molto economico! Se era tanto economico, un motivo c'era. Moquette dei secoli, porta d'ingresso di cartone, corridoi da film horror con sfondo magazzino portuale. Peccato, Sbarbino è deluso, ma controlla forte forte la lavagna per vedere quali erano i due appartamenti (su una lista di sei in totale, con data di disponibilità scritta accanto) che si sarebbero liberati in tempo per andarci bene, e ci dà un altro appuntamento. Secondo i nostri piani, a questo punto avremmo dovuto aver già trovato. Passeggiando per il porto, confesso allo Spagnolo che ho lo scoramento nello stomaco. Lo Spagnolo mi intima di eliminarlo. Meno male che c'è lui (secondo me però lo scoramento ce l'aveva pure lui e me lo stava nascondendo). Appartamento 6 (giovedì sera): Ultima spiaggia Appartamento piccino picciò, sempre nel porto riqualificato, vista sul fiume. Minicamera (ovviamente moquettata di grigio tristezza) senza spazio per un armadio e cucina-salotto. Uno sgabuzzino, più piccolo dell'armadio medio. Carino eh, claustrofobico pure. Ammobiliato come quasi tutti quelli che si trovano. "C'è la lavatrice?" "No, c'è una lavanderia comune, con un app uno prenota il suo turno, gli inquilini ne sono contenti". Cala la consapevolezza di avere 10 anni più dell'inquilino medio dell'immobile. Sul versante positivo, tutto sommato, trattenendo il respiro e controllando i movimenti, ci si potrebbe stare. Estorciamo all'agente il fatto che su internet sembrano avere pure un appartamento non ammobiliato, un po' più grande. Trasecola e dice che gente che cerca non ammobiliati da quelle parti lì, sono "unheard of", ma ci dà appuntamento. Appartamento 7(venerdì mattina): A boy's boy home Questo appartamento è abitato, ma verrà svuotato quando l'inquilino se ne andrà. D'altra parte, il suo arredamento si compone di un materasso per terra. L'agente ci avverte che è un vero "boy's boy", che dovremmo cercare di vedere al di là del suo sporcume. Un figuro sbuca da un angolo. L'agente dice "ecco, è lui!". Lo Spagnolo dice "pensavo fosse un drogadicto". Il figuro abbassa la testa e sguscia lontano evitando interazioni. Vista canale, un magazzino riqualificato con bei mattoni rossi di fuori, mini appartamento anonimo dentro. Piano terra. Nulla di quel che mi immaginavo, ma tiro un sospiro di sollievo: questo posto, dopo una rapida pulizia al napalm sarà vivibile. Appartamento 8(venerdì ora di pranzo): L'agente dall'armatura scintillante Immobile di nuova costruzione, primo ingresso, ai margini del centro. Vista magazzini disabitati. Lo Spagnolo ha grande fiducia, io ci credo poco a causa della strada desolata dove si trovano. Ci viene incontro un agente che sembra sapere il fatto suo. Adulto. Competente. Professionale. Simpatico. Qui vediamo un appartamento che odora di nuovo con due camere da letto, tutto poco spazioso. Interamente moquettato di nero design, a pelo un po' lungo, ma essendo un primo ingresso, quasi quasi ci passo sopra. Lo Spagnolo insiste che non c'è luce, io mi faccio accecare dalla prima cosa decente vista, e dalla promozione sull'affitto causa ritardo del costruttore. Sono pronta a considerare la camera da letto con vista muro a 40 cm. Appartamento 9 (venerdì ora che davvero inizi ad aver fame): Lo Spagnolo ha sempre ragione L'agente di cui ormai siamo un po' innamorati ci accompagna un po' più vicino al centro, in una fabbrica riqualificata a complesso di loft. L'entrata dello stabile non ha la moquette. C'è un concierge part-time. I corridoi non hanno la moquette. Le porte non sono di cartone. High hopes. Piccolo colpo al cuore quando la porta d'ingresso si apre e vedo moquette. Ma solo in atrio, poi c'è il LAMINATO <3. Un loft, completamente arredato in stile hipster dell'Ikea, spazioso. Tutte le comodità, elettrodomestici, pure l'aspirapolvere! Vasca da bagno nuova perché l'inquilino precedente l'aveva rotta. Fornelli nuovi perché l'inquilino precedente li aveva rotti. Laminato nuovo perché...sì, sempre quello (l'inquilino precedente doveva essere un cucino di Hulk). Cerco tutti i difetti: vista autostrada, la camera da letto è interna e senza finestre, separata dal salotto con una porta scorrevole. I soffitti sono bassi. Ha le caviglie grosse. È BELLO. Lo Spagnolo non toglie gli occhi di dosso ai finestroni enormi. Io esito, eterna indecisa. Poi, nell'appartamento con due camere qualcuno aveva detto "promozione", e queste parole stimolo a me fanno sempre un certo effetto. Voglio rivedere l'appartamento senza spazio né luce, ma con due camere. Ma niente, ormai nel mio cuore c'è lui. Il team Spagnolo-Agente mi scuotono dall'indecisione. È lui. Volevo un giardino in periferia, ho firmato per un loft in centro. Ora speriamo che accettino la mia application! Cinque mesi fa stavo cercando di dare un senso alla mia esperienza in Giappone. Sapevo che stavo per lasciare Osaka, non sapevo ancora quale sarebbe stata la mia destinazione successiva.
Sospettavo sarebbe stata Nantes, e speravo che prima di andarci avrei potuto passare qualche mese in Baviera, dove nel frattempo si era trasferito il mio compagno. La seconda si è avverata, la prima no: con un colpo di scena imprevisto, fra una quindicina di giorni circa, mi trasferirò a Leeds. |