9/14/2018 1 Comment Il disagio del postdocNell'ultima settimana ho iniziato tre bozze diverse, e non ho avuto il tempo di svilupparne nemmeno una. Ma non mi lamento, questo nuovo lavoro mi sottopone a mille stimoli contemporanei, cosa che nella solitudine del postdoc in Giappone mi mancava. E la mancanza di stimoli, si sa, logora.
Però una cosa la devo scrivere, ora, seduta alla mia scrivania nel megaufficio dei postdoc della School of Mathematics, avvolta dall'odore del pranzo del mio vicino di scrivania. Sbriciando, annusando e ascoltando, direi si tratti di: wrap Tesco ai topi morti odorosi accompagato da patatine aromatizzate alla salsiccia marcia. Non voglio parlare del mio odio per gli odori forti, che stanno nella lunga lista dei paralizzatori del mio cervello. Perchè sennò dovrei parlare anche del collega che passa la giornata a fare rumori cavernosi con il naso e schioccarsi il moccio tra pollice e indice. Sonoramente. No, la mia è una annotazione sociale, che non c'entra con il mio vicino, peraltro un caro ragazzo quando non mangia, o con Leeds, ma con la vita accademica. Con la solitudine selvatica dei postdoc. Infatti sono diverse le università dove ho notato che i dottorandi si riuniscono per mangiare. Fanno pause insieme, si cercano per chiacchierare. Sono un gruppone. Dall'altra estremità della catena alimentare, i professori fanno gruppini, si danno appuntamenti, mangiano in compagnia più selezionata. E nel mezzo? I postdoc. Quasi in tutti i dipartimenti che ho visitato, i postdoc sono creature schive e solitarie. Qui, quasi tutti mangiano da soli di fronte al computer. Non è che non ci parliamo eh, alla mattina quando ci sono ancora solo 3-4 persone, capita di fare un po' di conversazione. Ma ognuno è una bestiolina a sé. Sarà che rimaniamo poco nei posti? D'altro canto neanche i dottorandi restano una vita... Sarà che siamo più cinici e disillusi dalla vita accademica? Sarà che chiedersi spesso: "Ma chi me l'ha fatto fare di sacrificare la mia vita personale per inseguire una carriera che ha più probabilità di fallimento che di riuscita?", o "Per quanto tempo posso insistere prima di essere troppo vecchio per il piano B?", o ancora "Perchè tutti quelli che hanno fatto scelte diverse dopo il dottorato guadagnano più di me?" fa male alla socievolità? Non so cosa sia, ma ora è l'una, e all'una i dottorandi si riuniscono in sala comune per pranzare. Quindi ora vado a mimetizzarmi tra loro, fin che me lo permettono!
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Giovedì scorso è arrivato il momento di mettere in atto il Piano Trasloco. Assieme al mio adorato Paladino del Loft (vedi qui) , altresí noto come Sant'Uomo-dal-metro-di-carta-IKEA-sempre-pronto-che-mi-deve-amare-tanto-assai-per-sopportarmi-così, siamo partiti alla volta di Leeds. Ad accoglierci a serata inoltrata, un airbnb dove dovevamo passare la notte. Sconvenientemente lontano da ogni fonte di cibo disponibile dopo le 9 di sera, convenientemente dotato di un bagno relativo alla nostra stanza, sconvenientemente privo di doccia. Cioè, c'era un bagno con una vasca da bagno, e niente telefono o soffione. Mistero. All'indomani, all'apertura dell'agenzia eravamo lì a raccogliere le chiavi e poi su a portar valigie nell'appartamento nuovo. Da allora è stato tutto un tour de force di scegliere piatti, comprare biancheria per il letto, aprire valigie, saggiare cuscini, pulire una casa apparentemente pulita solo nelle zone in vista, fare la spesa con gli essenziali. Fare un viaggio al Dunhelm, vari al Wilkio, vari al John Lewis, vari all'Home Sense...disinfettare, pulire, scoprire. Il lunedì mattina ero pronta per andare in ufficio. Ma è stato solo oggi, giovedì, che ci sono andata come una bambina grande, con lo zainetto e il pranzo preparati da sola. Infatti ieri il Paladino del Loft ha preso il volo verso il continente. Continuo a ripetermi che questa distanza, e i ritmi che ci aspettano, sono risibili rispetto a quando stavamo in due continenti diversi, ma andare a dormire da sola ieri sera è stato comunque una bella botta di triestezza e inquietudine (quando c'è lui, le case fanno meno rumorini, lo giuro!). Ad ogni modo, oggi era iniziato come un perfetto Primo Giorno della Routine, eccetto che alle 11 sono stata chiamata dalla manager del mio appartamento perché i vicini di sotto avevano uno spandimento. Corri a casa, osserva l'idraulico bestemmiare, aspetta, ricordati che hai lasciato il pranzo pronto in ufficio, preparane un altro, ricorri in ufficio. Speriamo che il salmone che ha soggiornato sulla mia scrivania sia ancora buono stasera. Cervello pappamolla. Quindi questo post non è in grado di essere niente di più di una serie di annotazioni disordinate. 1) Le inglesi, nel fine settimana hanno lo stile di abbigliamento duale. Per strada si vedono ragazze tirate a lucido con vestiti striminziti, tacchi vertiginosi e quantità di trucco indicibili, e ragazze in tuta con i capelli sporchi. Tra i due, quasi nulla. 2) Prima di attraversare la strada guardo a sinistra e poi a destra, o a destra e poi a sinistra, sono so più quale sia la parte giusta, e continuando a fare "no-no" con la testa, vado. Se sta arrivando una macchina e sono su un attraversamento senza semaforo, cerco lo sguardo del passeggero, o in sua assenza, del sedile accando al guidatore. 3) Venendo dalla Germania, mi sembra che qui la frutta e la verdura sappiano di quello che devono sapere (e vivere a 5 minuti scarsi dal mercato comunale mi dà gioia). 4) La casa manca ancora di mobili per infilare o appoggiare cose. Molte arriveranno nella prossima settimana, ma ho già l'angoscia per il doverli montare. Ah, a proposito di mobili, il mio armadio ha un'anta sola, e per il proprietario, funziona pure così. 5) Apparentemente il Giappone mi ha insegnato a fingere di sapere quello che sto facendo con grande naturalità: tre colleghi, in momenti diversi, si sono meravigliati di come sapessi già orientarmi nel campus, adducendo che sembravo conoscere il posto. Nel primo caso stavo aspettando che la segretaria che guidava il mio gruppo per l'"induction meeting" ci dicesse dove andare. Negli altri due casi stavo camminando accanto all'interlocutore, seguendolo senza avere la più pallida idea di dove stavamo andando. Doti che uno scopre di avere. 6) Le persone salutano. Sorridono. Chiedono scusa quando ci si scontra o ci si deve schivare per non scontrarsi. Sorridono anche a caso, giusto perché hai incrociato il loro sguardo per strada. 7) Abbiamo visto una macchina con una cover integrale di peluche. Tutta la macchina. Peluche. 8) Dietro alla mia lavatrice c'era una collezione di calzini spaiati e mutandine appartenenti alla coppia che viveva prima nell'appartamento. E un set da cricket. E un yoga mat incredibilmente polveroso. E un tappeto rognoso appallottolato, ma qui divago. Il punto è, possibile che uno non si faccia delle domande quando non riesce più ad appaiare diverse paia di calzini? 9) Non so installare un kit di estensione per il cavo della TV. Ci ho provato con le istruzioni su internet. Nessun segnale. Neanche dalla mia autostima. 10) I ciclisti urbani di qui mi sembrano una specie in cui faccio fatica a riconoscermi, e che mi intimorisce un bel po'. 11) Tutti ti chiamano "luv" <3 |