7/28/2020 0 Comments Guidare a LondraVi potrei raccontare dei dilemmi morali derivanti dall'avere dei biglietti Londra-Trieste per la settimana prossima. Partire è da egoisti? Non partire è da egoisti masochisti? Un dibattito interiore dalle mille sfaccettature, nessuna delle quali particolarmente interessante. Vi potrei raccontare di come sia dolce iniziare ad innamorarsi di una città nuova, che è enorme eppure ricoperta al 48% di spazi verdi, di un quartiere, del nuovo panificio preferito, del nuovo fruttivendolo preferito, dell'uomo della bottiglieria Dracula che ha vini rumeni deliziosi e primizie a sorpresa in cassette appoggiate qua e là. Come i cetrioli che dalle mie parti chiamiamo "nostrani". E che ti dice di non comprare i pomodori oggi, perché domani gli arrivano quelli freschi dalla Romania (dopo anni in Francia e in Inghilterra, sospetto che se non mi hanno convertita lì alla convenienza del megasupermercato one stop, non c'è modo di convertirmi). Potrei scrivere di come una si possa ritrovare con gli anni di Cristo a spergiurare "io relazioni a distanza mai più!", per poi cinque minuti dopo conoscere qualcuno, e altri cinque minuti dopo decidere che è ora di trasferirsi in un'altra città. L'Universo mi ha mandato un segno sottile sull'opportunità di starmene buona in forma di pandemia, ma non c'è stato modo. Alla randagità non si comanda. Tutti questi incipit portano a grovigli di pensieri complicati. Di fronte ai pensieri complicati c'è chi si siede e ne tira fuori un trattato di filosofia, e chi si spazientisce e inizia a fare cose a caso per dissipare l'immobilità. Quindi sabato scorso ho deciso di perdere la verginità della guida a sinistra: ho noleggiato un'auto e sono andata all'Ikea a comprare un tavolo per il balcone. Non nascondo di averlo fatto con un po' di apprensione. Le opinioni di prima mano raccolte presso altri expat si dividevano in "È un po' strano per i primi cinque minuti e poi ti dimentichi di tutto e viene naturale" - per lo più uomini (e se in quei cinque minuti uccido qualcuno?), e "Non ci proverei neanche per sogno!" - per lo più donne. Installo l'applicazione di Zipcar, un servizio di car sharing, sul cellulare, e guardo cosa c'è di disponibile attorno a me. Per fortuna ci sono solo macchine Flex, che costano di più all'ora rispetto alle Zipcar regolari, ma le riporti quando vuoi e le parcheggi dove vuoi (all'interno di un'area consentita). Dico per fortuna, perché il mio piano era di stare via un paio d'ore e non di più, ma sabato al piano non andava tanto di essere seguito. Vedo sull'app che c'è una Polo (bene, l'interno delle Volkswaken nella configurazione "continentale" mi è abbastanza familiare, una cosa in meno cui abituarsi) con le marce automatiche (un altro pensiero di meno). Lungo la strada per raggiungerla trovo un baretto che fa caffè al bancone e ha cornetti e brasiliani in vetrina. Lo prendo come un buon segno, e dopo il caffè vedo che c'è un'altra Polo un po' più vicina. La raggiungo, la guarda da fuori, con trepidazione uso l'app per sbloccare le portiere e mi siedo al posto di guida. Che in realtà era il lato passeggero. Chi ben comincia. Riprovo. Salgo dal lato corretto e sorpresa! non ha le marce automatiche. Ma che sarà mai, cambiare con la destra, cambiare con la sinistra, quanto più complicato può essere? Sto un po' seduta ad ambientarmi: le frecce sono dal lato abituale, ma prendere la cintura a destra quando hai il volante davanti fa strano, ti fa sentire come se fosse un gesto che fai per la prima volta. Mi prende la sensazione di star dimenticando qualcosa. Istintivamente cerco ispirazione nella portiera. Dopo un po' mi balena che quello che volevo era togliere il freno a mano, che sta dall'altra parte. Mai non avrei creduto che guidare fosse un'attività che automatizziamo così tanto nella memoria muscolare.
Primo errore da principiante: avevo creduto che nella Zipcar ci sarebbe stato un supporto per telefono/navigatore. Ebbene no, imposto il navigatore e lo appoggio dietro al cambio, pazienza, lo ascolterò! Per sicurezza lo imposto su "solo strade secondarie", pensando che così avrò un itinerario più lento e tranquillo dove abituarmi. Nella mia mente scorrono immagini di stradine deserte, mucche e trattori. Bon, il navigatore dice 35 minuti. Segue un'ora e mezza nel traffico, prima cercando di uscire da East London, tra autobus a due piani che invadono la corsia e ti fanno rifilini, guidatori nervosi e strade strette dove non avere la misura di quanto ingombro hai alla tua sinistra si rivela presto un gioco per nervi saldi. Poi, infilando rotonde su rotonde, con mille corsie, sbagliando uscite perché non vedendo bene il navigatore, dovevo ascoltarlo e contare. E non sono brava a contare le uscite. Ricalcolo del percorso: alla rotonda tra 500 metri prendi la sesta uscita. Alla rotonda prendi la sesta uscita. Prendi la sesta uscita. Ricalcolo del percorso... Grazie a qualche santo protettore delle fiancate sinistre arrivo intatta all'Ikea, scendo in un tumulto di emozioni. Sono arrivata. Si può fare. Sto pagando questa macchina a ore e ci sto mettendo una vita. Devo ancora tornare. Il parcheggio dell'Ikea è facile, ma siamo sicuri che riuscirò a parcheggiare per strada vicino a casa? Tutto viene smorzato dalla coda a zig zag fuori dal negozio, e ancor più attutito dalla depressione di essere (ancora una volta) l'unica persona che naviga il percorso obbligato tra i mobili svedesi da sola. Sola, ma più rapida degli altri. Più efficiente, li sorpasso tutti, quelli con i carrelli e quelli con le borse gialle. Raggiungo l'obiettivo (dopo essermi trattenuta più del dovuto nella stanza delle piante, uscendone con tre nuove amiche dal fogliame verde): il tavolo e le sedie da balcone. Carico sul carrello un tavolo Ashkolmen e le uniche due sedie economiche che non erano già state razziate. Con il panico nel cuore e la morte nel portafoglio (ricordiamoci che la macchina si paga a ore) imposto il navigatore a TUTTE LE STRADE - PIÙ VELOCE DELLA LUCE. A posteriori, l'autostrada è stata molto più facile delle vie secondarie. Al momento di parcheggiare ho scoperto una paura nuova: eppure ho imparato a guidare a Trieste, non mi spavento facilmente! Affianco una macchina a sinistra per parcheggiare in modo "naturale", quello che dovrebbe essere più facile, e il mio cervello dice "Col cavolo. Io ti lascio in mezzo alla strada, te la sei cercata Bionda" (sono consapevole di non essere bionda, ma mio padre, un mio caro amico e il mio cervello quando è in vena di farmi la paternale non se ne fanno una ragione). I muscoli opponevano una (sana?) resistenza all'imperativo di parcheggiare quella macchina. Per fortuna c'erano dei parcheggi sul lato destro, e a parcheggiare dal lato passeggero si è rivelato perfettamente fattibile. Solo una volta sistemata, e provato il brivido di girarmi a sinistra per guardare dietro - gesto che mi faceva sentire una vertigine da "a whole new wooorld" nello stomaco - ho realizzato di aver parcheggiato senza fare caso allo schermino del parcheggio assistito. Alla guida a sinistra posso abituarmi, alle macchine del nuovo millennio, chissà. Comunque, sono salva, la macchina è salva, i ciclisti per strada sono salvi, il conto è stato salato ma non troppo, e ora so del Complotto. Perché sono convinta che nessuno possa provare gioia nel cambiare marcia con la mano sinistra. L'unica spiegazione è che i britannici lo sopportino per farci soffrire. La mia opinione, per i posteri (e soprattutto i posteri formato fanciulla, che sembrano mediamente più caute, ma immotivatamente timorose) che vorranno provare l'esperienza, è che i primi cinque minuti non sono un po' strani, sono TERRIFICANTI. E anche i venticinque minuti successivi. Da muscoli tesi, occhi a palla e palpitazioni dietro l'angolo. Nonostante ciò tutta una serie di riflessi che abbiamo quando guidiamo da noi, dalla parte giusta, si attivano comunque, quindi non nego che con un po' di sfiga il rischio di grattare la fiancata sinistra c'è, ma quello di spiattellare un cristiano o noi stessi non mi sembra particolarmente più accentuato del solito. E poi sì, ci si abitua. Coraggio, potete farlo. Serve solo un pizzico di coraggio, e magari un cambio automatico.
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