4/29/2020 0 Comments ...Sei tu.Pensavo di scrivere questo post e pubblicarlo, forse, quando questo periodo sarà finito. Certe volte uno non può proprio far sapere proprio tutto quello che sente. Sul momento, deve rassicurare, sorridere ed essere tranquillo, che i congiunti ed affetti stabili di questi tempi ne hanno bisogno. Però domani è il primo maggio, e forse tacere in questa circostanza sarebbe un'occasione sprecata. Ieri sera ho sentito mia madre al telefono. Lavora in un supermercato. Molti di noi, quelli che hanno tempo di stare qui su internet, ci stiamo lamentando che le giornate in casa sono lunghe e corte e tutte uguali. Qualcuno si è guardato tutto Netflix e si dimena inquieto. Altri non concepiscono come costoro abbiano del tempo libero, presi da telelavoro, ansia e gestione familiare. A volte questo isolamento ce lo godiamo pure.
Mia madre è una di quei lavoratori essenziali che il lockdown se lo sono vissuto dall'altro lato. Non ha le responsabilità del personale sanitario, e non ha subito lo stesso loro trauma, fisico ed emotivo. Ma è comunque in prima linea nell'affrontare quest'emergenza che mai ci saremmo aspettati. Eppure quando ci preoccupiamo per la mancanza di dispositivi di protezione e tamponi, per non parlare di riconoscimento sociale, passa sotto il radar. Così come per pulitori, guidatori di autobus, magazzinieri, impiegati di call center e altri lavoratori "invisibili", non c'è stato scandalo per il fatto che non fossero sempre adeguatamente protetti e non avessero diritto ad essere testati. Anche se stanno lavorando addirittura di più del solito e in condizioni di stress incredibile, a contatto con il pubblico. Anche se hanno dovuto reggere la botta dell'isteria collettiva, di tutti noi comodi annoiati che andavamo in panico per andare al supermercato. Voi avete fatto attenzione ai lavoratori che avete incrociato? Avete cercato di ridurre i pagamenti in contanti che implicano più contatto? Vi siete comportati come animali selvatici e maleducati, o un sorriso a debita distanza, una parola di riconoscimento l'avete detta? Un po' vi è venuto il magone perché voi potevate tornare a rifugiarvi, ma loro no, dovevano restare lì a disinfettare la cassa tra un cliente e l'altro, le mani dentro i guanti smangiate dal disinfettante? Mentre stavate in cassa e vi affannavate per prendere il portafoglio in borsa toccando meno cose possibile, senza appoggiarvi a nulla, ricapitolando di non aver dimenticato nulla e maledicendo la farina che non c'era, poco abituati a respirare nella mascherina, avete mai alzato gli occhi e realizzato che quell'essere umano che sta lì di fronte a voi si sta mettendo a rischio, perciò che voi possiate continuare ad avere accesso ad alcuni servizi di base? Avete mai pensato che è una persona, come voi, spaventata dal contagio, e senza la scelta di potersene restare a casa? Perché se proprio vogliamo, quando uno decide di fare il medico lo mette pure in conto di trovarsi a fronteggiare un'epidemia. Quando uno lavora in un supermercato, no. Almeno, non prima d'ora. All'inizio della clausura non solo il suo supermercato non forniva mascherine, ma le faceva togliere a chi ne portava di proprie. Perché ricordiamo che anche se i supermercati offrono un servizio essenziale, sono dei privati, e se non regolati, penseranno sempre al profitto innanzi tutto. E all'inizio forse avevano brevemente valutato che era più redditizio non spaventare i clienti, salvo poi fare marcia indietro e obbligare alle protezioni, che però sono arrivate in numero insufficiente. Ieri sera mia madre sembrava nervosa, arrabbiata e spaventata. Allo stremo. Con la prossima graduale riapertura, gli autobus non saranno sufficienti a spostarsi, lasceranno salire poche persone alla volta. E se finora andava bene, visto che in giro non c'era nessuno, poi probabilmente non sarà abbastanza. Lei non guida e la bici non è proponibile per lei e il suo tragitto. Quindi, spesso camminare mezz'ora andata e mezz'ora ritorno, con qualunque tempo, respirando nella mascherina prima e dopo il turno di lavoro, sarà l'unica possibilità, e come si può immaginare non è una prospettiva che la riempie di gioia. Vogliamo credere che questi colossi della grande distribuzione (che hanno fatturato "come alla vigilia di Natale" per diversi giorni, cavalcando la paura) investiranno in navette per proteggere i loro lavoratori? Quando continuano a peggiorare le loro condizioni di lavoro, tenendo aperto sempre più giorni all'anno senza numeri adeguati di personale in più? Quando hanno politiche interne tali che i dipendenti non osano prendersi del tempo in malattia per paura di essere giudicati inadatti al lavoro, ed essere spinti alle dimissioni tramite trasferimento in punti vendita per loro irraggiungibili? Io non ci credo, e vorrei tanto fossero costretti a tutelare meglio i loro dipendenti. Neanche leggere delle nuove norme per le riaperture non sta facendo bene a mia madre. I negozi che apriranno si stanno attrezzando con mega misure di sicurezza, potranno entrare poche persone alla volta, mentre loro lavorano in un supermercato di piccole dimensioni, impossibile da mantenere funzionante rispettando le distanze tra i lavoratori. Oltretutto lei nota come nella sicurezza le maglie si stanno già allentando. Abbiamo lasciato la responsabilità a queste persone dai lavori sfiancanti di implementare procedure di sicurezza complicate con materiali scarseggianti. E magari il primo giorno ci si sta maniacalmente attenti, il secondo pure, ma poi inevitabilmente si inizia a mancare qualche colpo. Cosa ci voglio fare? Non lo so. Probabilmente, non c'è molta scelta, tutti fanno quello che possono e la situazione non è ottimale per nessuno. Forse di guanti e mascherine davvero non ce ne sono, e non sono i supermercati ad essere taccagni e a risparmiare il centesimo sulla pelle dei loro lavoratori. È quello che cercavo di dirle ieri sera, con un tono più rassicurante possibile. Non è bello, ma non c'è alternativa. Teniamo botta e passerà. Ma mi chiedo se sapendo di vivere in uno stato che non tutela adeguatamente i suoi lavoratori, io non sia stata ingenua ad andarmene all'estero sperando non ci sia mai bisogno di me in famiglia. Che se fossi lì, magari potrei dare una mano in casa, magari potrei accompagnarla in macchina. Io, con il mio lavoro che paga di più ma serve di meno. Forse in assenza di rendite e denari di famiglia a farci da rete di protezione, dovremmo limitarci a fare testuggine, mettere da parte le ambizioni e tenendoci vicini ai nostri cari, capo chino e pronti al peggio. Oppure potremmo dare un senso a questo primo maggio in cui non potremo neanche andare in piazza a lavarci la coscienza con "il mio gesto, io l'ho fatto". Potremmo smetterla di fingere di non sapere che tipo di sfruttamento stiamo incoraggiando quando andiamo al supermercato alla domenica. E a Natale, Pasqua e Ferragosto. Potremmo chiedere condizioni migliori per i lavoratori che sottopagati e con sempre meno diritti, stanno facendo funzionare il nostro paese esibendo un'etica del lavoro che molti di noi non sanno neanche dove sta di casa, mentre noi ci improvvisiamo patetici pasticceri sull'orlo della crisi di nervi.
0 Comments
Your comment will be posted after it is approved.
Leave a Reply. |